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I finalisti del Premio Strega 2018 visti da Me(g) /

I cinque libri in gara per il premio letterario più ambito

I finalisti del Premio Strega 2018 Marco Balzano, Lia Levi, Sandra Petrignani ed Helena Janeczek si sono presentati a Verbania. Assente per impegni Carlo D’Amicis (autore di “Il gioco”, Einaudi).

Vi racconto come si sono presentati gli autori e come hanno raccontato i loro libri, che hanno molti più punti in comune di quanto si potrebbe immaginare.

Dei cinque, quattro sono ambientati almeno in parte durante il fascismo. Un periodo storico raccontato da diversi punti di vista.

In Io resto qui, Marco Balzano (Einaudi) fa riemergere una pagina della storia italiana, quella del Sud Tirolo, per lo più dimenticata.

“Questa storia è nata per caso. Ero in vacanza con mia figlia a Curon e l’immagine di quello che sembra un lago, ma è una diga che nasconde un paese di contadini, mi ha colpito. Volevo raccontare la storia della distruzione di quel paese. Ma poi, ascoltando i testimoni, ho capito che in realtà quella del Sud Tirolo era una pagina non raccontata della storia d’Europa.

Qui il fascismo come primo provvedimento ha vietato gli abitanti di parlare tedesco e di lavorare. C’erano cartelli con le scritte “Vietato parlare tedesco” e “Mussolini ha sempre ragione”. Così è nata la mia protagonista, una maestra clandestina che insegnava di nascosto la lingua ai bambini.

E poi c’è la storia della diga: quando guardi il lago inizialmente provi una sensazione di pace, poi però capisci che si tratta della distruzione di un paese. Mia figlia, di tre anni, mi ha chiesto cosa vuol dire “distruzione”. L’ho scritto anche pensando a raccontare a un bambino cos’è la distruzione. Distruzione che è arrivata dopo il fascismo, con la Repubblica italiana.

Solo duecento persone decisero di restare a Curon. Secondo me per ribadire la propria dignità. Nel romanzo, resistono il parroco, il marito di Trina e Trina, unica a sapere l’italiano e “ghost writer” del marito. Trina resiste con le parole, che dà agli altri”.

Nel libro di Lia Levi, Questa sera è già domani (Edizioni E/O) Alessandro, un bambino ebreo italiano, assiste alla promulgazione delle leggi razziali, che non gli permettono più di andare a scuola.

“Gli ebrei in Italia – spiega Levi – pensavano che tutto si sarebbe risolto. Ricordo l’enorme stupore. Gli ebrei erano per lo più laici, si sentivano cittadini italiani.

Alcuni programmarono la fuga, ma tanti non volevano partire. Come la mamma di Alessandro, che vuole tenere a sé il suo mondo abituale”.

Nel libro ci sono parecchi passaggi che rinviano all’attualità: “sentendo qualche giorno fa la parola censimento riferita a un gruppo di persone, mi è venuto in mente il passaggio del mio libro e sono andata rilggerlo, quando la parola censimento è destinata a un gruppo e non alla popolazione, è ovvio che l’intento è politico.

Ricordo anche quando si parla dell’incontro internazionale promosso dagli Stati Uniti per accogliere gli ebrei sfuggiti per le persecuzioni. Tutti volevano aiutare ma ognuno aveva delle “quote” e alla fine non li prese nessuno. Non è malvagità, ma alla fine prevale sempre il ‘sì, ma non a casa mia’”.

Lia Levi ha già vinto il Premio Strega Giovani assegnato dai lettori delle scuole.

Ha raccontato il fascismo anche Sandra Petrignani con La Corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg (Neri Pozza).

“Natalia non poteva firmare con il suo cognome, Levi, perché ebrea. Il suo primo libro uscì con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte. Poi scelse di mantenere il cognome di suo marito Leone, morto in carcere a Regina Coeli perché oppositore politico.

Credo che Natalia abbia deciso di mantere il cognome Ginzburg per assumere il mandato che il marito le aveva lasciato in una lettera: impegnarsi per gli altri. E allora Natalia diventa “la Corsara”, che si impegna con le armi della letteratura, esprimendo pensieri spesso contro corrente, con coraggio.

Proprio Leone aveva terminato la sua lettera con sii coraggiosa.

Natalia fu l’unica donna con potere decisionale all’Einaudi. E fu una grande scrittrice. Questo libro l’ho scritto per lei, per mettelra al centro e cercare la significanza delle sue parole”.

Elena Janeczek in La ragazza con la Leica (Guanda) racconta la storia vera di un’altra donna, Gerda Taro.

Gerda fu la prima fotografa morta sul campo di battaglia. Compagna di Robert Capa, fu una delle prime ad arrivare con la sua Leica per documentare la Guerra civile in Spagna. “Ho raccontato anche le sue amicizie: volevo che emergesse anche il lato allegro, giocoso di Gerda, la sua capacità di sedurre naturale, senza volerlo. Era assetata di libertà”.

Il romanzo si basa su fonti originali e ricerche documentali. Helena Janeczek è nata in Germania da genitori ebrei polacchi. Racconta perché la scelta di scrivere in italiano: “Sul lago Maggiore, a Solcio di Lesa, ho iniziato a imparare le prime parole di questa lingua. Non conoscevo bene la mia madrelingua, il polacco. Quando ero una ragazza ho deciso che avrei vissuto in Italia e quindi sono diventata madrelingua adottiva italiana”.

Qui il link al sito ufficiale del Premio Strega

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