19 Dic Il labirinto degli spiriti / Carlos Ruiz Zafòn
L'ultimo capitolo della saga de L'ombra del Vento
RECENSIONE IL LABIRINTO DEGLI SPIRITI DI CARLOS RUIZ ZAFÓN
Il cerchio si chiude, le domande trovano risposta, la Spagna esce dagli anni bui del franchismo. Il labirinto degli spiriti è l’ultimo capitolo della saga che si era aperta più di dieci anni fa con L’ombra del vento.
Lungo e ricco di personaggi, intrighi, segreti svelati, credo che dopo L’ombra del vento quest’ultimo romanzo sia il migliore della serie. Oltre ai personaggi ormai cari a tutti della famiglia Sempere e al piccolo Julìan, figlio di Daniel e Bea, che conosciamo e vediamo crescere, fa il suo ingresso sulla scena la bella e misteriosa Alicia Gris. Personaggio neogotico e conturbante, Alicia è la bambina che Fermìn salvò dalle bombe che distrussero Barcellona durante la guerra.
Come sempre Zafòn rende omaggio alla letteratura, all’amore per i libri e ci riporta ancora nel Cimitero dei Libri Dimenticati, il luogo in cui tutti gli amanti della letteratura vorrebbero rinchiudersi per mezzo secolo. Ci sono diversi capitoli da libro giallo, c’è il mistero, il noir, il brivido e non mancano momenti toccanti. Tornano gli zingari che vivono sulla spiaggia a Barceloneta, torna lo scrittore maledetto David Martìn e sapremo che fine ha fatto Julìan Carax. Finalmente per Daniel arriverà il momento di vendicare la morte della madre Isabella. Forse in alcuni punti c’è fin “troppo”, ma credo che complessivamente il lettore possa essere soddisfatto. E ancora una volta è difficile resistere alla tentazione di comprare subito un biglietto per Barcellona.
TRAMA
Spagna, fine Anni ’50. Nel periodo buio del franchismo, Alicia Gris è chiamata a investigare sulla scomparsa di un esponente di punta del Regime. Le sue ricerche la porteranno fino alla porta della Libreria Sempere e Figli, dove un Daniel sempre più inquieto attende la verità (e la vendetta) sulla morte della madre Isabella. Ed emergono storie terribili e inconfessabili. Intrighi, passioni, tradimenti e una Spagna devastata e ferita dal Regime sono protagonisti di un romanzo che tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Meri
Pubblicato alle 18:36h, 27 DicembreHo finito poco fa di leggere IL LABIRINTO DEGLI SPIRITI. E come prevedevo sento già un senso di vuoto e malinconia, come quando si saluta un amico. Mi pregio di essere tra quei lettori della prima ora che conobbero l’Ombra del vento col passaparola, quello vero fatto di consigli di chi lo aveva già letto, non dalla fama che ne è seguita, per la quale si legge un libro perchè ormai è di moda e lo leggono tutti. Forse proprio per questo il mio giudizio potrebbe essere considerato non oggettivo, ma dettato dall’affetto per il primo romanzo. Non è così: seppure confesso che mi danno enormemente fastidio tante critiche gratuite che ho letto in questi anni sulla rete, da parte di molti lettori dell’ultima ora, bramosi di distinguersi “dalla massa” e sparare a zero su un autore di successo, perchè ormai considerato “commerciale”, oppure da estimatori, ma con la puzzetta sotto il naso, incontentabili, perchè per loro nessun seguito era all’altezza dell’Ombra del vento, tuttavia i difetti e cose deludenti, del tutto personali, li ho trovati anche io. Sono rimasta, a suo tempo, un po’ delusa da “Il gioco dell’Angelo”, perchè, avendo letto anche, nel frattempo, i romanzi precedenti di Zafòn (ma pubblicati da noi dopo il successo dell’Ombra del vento) mi pareva che fosse tornato al genere propriamente gotico-surreale delle sue opere “per ragazzi”: alcune apprezzabili nel loro genere, come Marina, ma che poco avevano a che fare con il suo capolavoro, che di gotico e surreale ha solo le atmosfere, e l’apparenza, ma in realtà poi fornisce delle spiegazioni del tutto logiche e si rivela come un appassionante giallo a tinte fosche. Del gioco dell’Angelo avevo apprezzato il collegamento con l’Ombra del vento tramite i personaggi Sempere, che lì erano comprimari, ma facevano da trait d’union tra i due romanzi assieme al Cimitero dei Libri Dimeticati. Però poi tutto si è trasformato in una deriva, per me, troppo surreale e gotica. Questo giudizio ovviamente è valido se considero il romanzo come opera a sè stante: forse l’unica che si può leggere da sola, come suggerisce l’autore, mentre, anche se Zafòn dice il contrario, gli altri tre sono di fatto i capitoli di un’unica saga in cui si deve inserire il gioco dell’angelo, più che altro per capire chi è David Martin. Anche se poi si capisce, leggendo Il Prigioniero del Cielo e Il Labirinto degli Spiriti, che il secondo romanzo è, infondo, proprio quello che dice il titolo: un gioco dell’autore, che ci ha voluto spiazzare, facendoci completamente dubitare di ciò che abbiamo letto… Difatti, alla fine del Labirinto degli Spiriti, con una operazione di meta-letteratura, Zafòn ci spiega chiaramente la reale struttura dei suoi quattro romanzi, che si rivelano essere proprio un grande labirinto, di cui, questo ultimo pubblicato, è la chiave per trovare la soluzione e la via d’uscita. Inutile dire che questo ultimo capitolo mi ha entusiasmata per molti motivi: innanzitutto trovo che, a livello di trama e scrittura, sia pienamente al livello dell’Ombra del Vento ( Il Prigioniero del Cielo mi era piaciuto, ma era quello che era, ovvero un capitolo di passaggio). Poi mi è piaciuto il fatto che sia un romanzo con un punto di vista corale: anche se il personaggio forse con più spazio è quello di Alicia Gris (un’inedita protagonista femminile finalmente) c’è spazio per tutti. Mi è piaciuta l’atmosfera da giallo poliziesco e il fatto che le ombre e gli orrori non fossero fini a se stessi, ma lo specchio di un’epoca buia della Spagna (ho letto critiche in cui si accusavano i personaggi negativi come Fumero e Valls di essere dei cattivi da fumetto, troppo caricaturali, ma forse dovrebbero informarsi su cosa siano state certe dittature e determinati periodi storici, su cosa accada nel mondo ancora oggi). Ho anche apprezzato la parte finae, quella dedicata a Julian Sempere, che penso sia stata inserita non solo per poter rivedere un personaggio chiave di tutta la saga, assente per quasi tre libri (ma che sempre aleggiava nei ricordi degli altri personaggi), ma anche per chiudere definitivamente la storia, senza lasciare spazio a ripensamenti e a tentazioni di “allungare il brodo”, o di cedere, almeno spero, a richieste dei lettori di altri romanzi sulla famiglia dei librai di Calle Santa Ana. Ovvio che alla fine rimane la malinconia e un senso di vuoto, ma è giusto così, perchè uno scrittore non può rimanere intrappolato a vita nella stessa storia. In caso mi piacerebbe di più leggere, in futuro, altre storie dove compaia il cimitero, ma che siano slegate, stavolta davvero, dalla trama di questa quadrilogia. Però, visto il talento di Zafòn, vorrei vederlo all’opera con altri romanzi e altre storie.
Meg
Pubblicato alle 18:48h, 27 DicembreGrazie Meri per la sua dettagliata e interessante recensione! condivido appieno. Spero che continuerà a seguirmi 🙂
Meri
Pubblicato alle 14:11h, 28 DicembreSicuramente!! ciao!
Alessandra
Pubblicato alle 12:29h, 14 SettembreE’ vero ho letto con avidità le pagine di questo libro che mi ha fatto amare ancor di più Barcellona. Potessi ci andrei subito. Leggo Zafon da sempre ho tutti i suoi libri e ogni volta è una scoperta. Lo consiglio a tutti.
Meg
Pubblicato alle 12:54h, 14 SettembreGrazie Alessandra! Spero che presto esca un altro libro di Zafon perché mi manca!