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Intervista a Simona Lo Iacono /

Intervista all’autrice de Il Morso

Intervista a Simona Lo Iacono

“Il morso” è un romanzo storico, ambientato nella Sicilia del 1848. La protagonista è Lucia Salvo, un personaggio femminile molto forte. Come è nata l’idea di parlare di lei?

“Lucia Salvo, “la siracusana”, è un personaggio realmente esistito e io l’ho conosciuta attraverso le cronache di Sicilia di Luigi Natoli, autore, tra gli altri de “I beati Paoli”. Racconta di una servuzza che fu mandata da Siracusa a Palermo a casa dei nobili Ramacca. Lì, venne utilizzata per far entrare nelle segrete del carcere di Palermo, dove erano alloggiati i detenuti politici, per consegnare dei “pizzini”.

Si trattava di messaggi segreti per tenere i sobillatori della nascente rivoluzione anti borbonica in contatto con il mondo esterno.

Da questo episodio storico, nasce la storia della “mia” Lucia Salvo, che soltanto sullo sfondo segue le linee guida di Natoli e si sviluppa in modo totalmente indipendente”.

La “sua” Sicilia può essere definita gattopardesca?

“E’ un periodo agitato, di contraddizioni. C’è il passato aristocratico della nobiltà che sta per sgretolarsi. La Sicilia è sulla soglia di un fuutro imminente, dominato da suggestioni e di esigenze libertarie molto forti.
Così come avviene ne “Il Gattopardo”, la Sicilia è in bilico tra due epoche, paradossalmente una situazione simile a quella che viviamo oggi”.

Quanto lavoro di ricerca storica è stato necessario per scrivere il romanzo?

“Dietro questo romanzo ci sono due anni di ricerche di archivio. Ciò che emerge a livello narrativo è sicuramente meno di quello che ho studiato e ricostruito, dei sapori, dei cibi, dei contesti architettonici, che mi ha impegnato ma che mi ha anche molto divertita e appassionata.

Tutto serve per creare le atmosfere che poi conducano per mano il lettore facendogli fare un balzo indietro nel tempo. La scrittura è una grande macchina del tempo che permette di calarsi nei personaggi e di sentirli vicini al proprio stato, alla propria precarietà umana.

Lucia è uno di quei personaggi che entrano subito nel cuore del lettore. Lei come ha fatto a separarsene quando è finita la storia?

“E’ una tristissima condizione quella di chi deve abbandonare personaggi che camminano con noi per una grande parte della nostra vita. Nel momento in cui si scrive li coviamo dentro, li nutriamo con le nostre esperienze. Questi personaggi diventano dei parenti strettissimi con cui abbiamo vincoli di sangue.

Io da Lucia non mi sono ancora separata, per fortuna la sto portando in giro nelle presentazioni. Sono personaggi che restano dentro di noi, anche se diventano un po’ anche degli altri, nel momento in cui vengono offerti alla lettura. E così dobbiamo condividerli con l’immaginario del lettore. Il loro destino è di passare da un cuore all’altro, da una mente all’altra, sperando che queste menti e questi cuori siano sempre tanti e che possano vedere in loro quello che abbiamo visto noi che li mettiamo al mondo”.

Ci sono nuovi libri in uscita?

Sono sempre con la penna in mano. L’esperienza scritturale, diceva Rosa Montero, una grandissima scrittrice spagnola, è paragonabile alla schizofrenia. Si vive come sdoppiati: da una parte la vita quotidiana, dall’altra un mondo sommerso abitato da creature che conosciamo solamente noi. E che però per chi scrive è una realtà altrettanto importante.

Leggi qui la recensione de “Il Morso”

 

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